Avere realizzato una valuta digitale decentralizzata rappresenta di per sé una rivoluzione.
Da dieci anni un algoritmo matematico regola l’emissione di bitcoin senza l’intervento di una banca centrale o di alcun’altra istituzione, pubblica o privata, che possa controllare le transazioni o garantirne il valore.
Grazie a un sistema ben calibrato di costi e incentivi economici e a un utilizzo geniale delle più sofisticate tecniche di crittografia, l’invenzione di Nakamoto ha lasciato intravedere utilizzi sempre più diversificati, in cui i ruoli della Pubblica amministrazione e del sistema finanziario potrebbero evolvere radicalmente, soprattutto in aree fondamentali come il sistema dei pagamenti, l’identificazione delle persone e delle cose, l’attestazione e il trasferimento della proprietà privata, sia essa materiale come quella immobiliare o immateriale come quella intellettuale.
Altrettanto profonde e controverse sono le implicazioni derivanti dal consentire alle “comunità” di dotarsi di una propria “moneta” per regolare al proprio interno gli scambi di determinati beni o servizi e agli individui di gestire autonomamente le informazioni relative alla propria identità, non solo anagrafica ma anche economica, sociale, sanitaria.
Insomma, una rivoluzione destinata a cambiare per sempre il nostro sistema economico e sociale, come già accaduto per Internet e i social networks.
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